Roma– Dopo lo straordinario successo di pubblico e critica, arriva al Campania Teatro Festival, l’attesissima pièce teatrale Sissi l’imperatrice con Federica Luna Vincenti, candidata come migliore attrice protagonista ai Nastri d’Argento e al Globo d’Oro 2025 per l’interpretazione di Marta Abba nel film Eterno Visionario di Michele Placido. Il 13 luglio al Teatro Nuovo a Napoli, si potrà assistere al viaggio straordinario alla scoperta di una delle donne più famose di tutti i tempi, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, che tutti noi, grazie ai film, conosciamo con un altro nome, la principessa Sissi. La sua vita non incarna solamente una vera e propria fiaba con tanto di carrozze dorate, gioielli, balli a corte, è anche in realtà l’emblema della lotta di una donna indipendente in contrasto con le convenzioni della sua epoca, la sua storia si mescola a quella di un impero destinato a scomparire, ma che fino all’ultimo mostrerà al mondo i suoi splendori e i suoi artigli. Lo spettacolo è il sorprendente racconto di Elisabetta d’Austria, una donna che, sottratta all’olografia grazie anche alla pubblicazione dei suoi diari, ci appare in una veste tanto dirompente quanto irriverente che non può che affascinarci e colpirci nel profondo. Figura carismatica e ribelle, anticonformista, perennemente in lotta con sé stessa e con la realtà che la circondava: imperatrice anti-imperialista, vicina alle masse operaie, alle minoranze etniche, contraria ad ogni forma di sopraffazione. Anoressica, in eterno lutto per la morte assurda di due dei suoi figli, cerca di esorcizzare il dolore attraverso estenuanti sedute ginniche, con l’infinita cura del suo corpo e la pettinatura dei suoi detestati capelli – “È come se reggessi sul capo un corpo estraneo, sono schiava dei miei capelli”. Dotata di un feroce sarcasmo, fustigava la Corte asburgica e i nobili – “Una schiatta depravata” – senza mezzi termini. Non lesinava nemmeno a sé stessa tutta l’amara ironia di cui era capace, un modo per nascondere in realtà la sua vulnerabilità, la fragilità della sua anima. Un’anima che cercava in tutti i modi di trovare sollievo rifugiandosi nella poesia: amante di Heine e di Baudelaire, componeva lei stessa poesie. Una personalità incredibilmente sfaccettata e instancabile nella continua e contraddittoria ricerca di cosa poter fare per migliorare il mondo ed allo stesso tempo di come evadere dalla realtà. Forse la sintesi di questa suo duplice aspetto sta nella sua ultima volontà, devolvere ai rifugiati politici ed alle loro famiglie il frutto della vendita postuma dei suoi diari, delle sue poesie, affidando ad una ipotetica anima del futuro tale compito, ma non prima di sessant’anni dal 1890. Un testamento spirituale che, censurato a lungo per le aspre critiche alla Corte Viennese, ha trovato il suo compimento soltanto nel 1980, quando, al momento della prima pubblicazione, i diritti d’autore vennero devoluti al Fondo di Soccorso dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati e i proventi nell’edizione successiva vennero donati ad Amnesty International, rispettando così la volontà dell’Imperatrice. Sissi l’imperatrice si snoda in vari quadri, ognuno dei quali prende in esame alcuni aspetti del suo carattere e pensiero: dalla filosofia al sesso, dalla politica all’arte. Un percorso ove, senza reticenze, Sissi ci parla di sé, della sua Weltanschauung, in quel suo modo crudo, cinico e pieno di dolore con cui si esprimeva – “Le vere lacrime non si possono versare, e quelle che si versano scorrono tutte invano”, ripeteva spesso. Si sentiva abbandonata, sola in un mondo crudele dove le guerre erano una condanna per tutto il genere umano. Fino al momento della sua morte ha sempre covato dentro di sé un feroce senso di colpa per quella dei suoi figli, un senso di colpa che, anche se nei fatti non aveva alcun fondamento, per tutta la vita l’aveva sempre divorata portandola a veri e propri vaneggiamenti, nei quali versava parole piene d’acidità nel disprezzo di tutto e tutti, anche dell’Imperatore stesso: “Marito mio dove sei? Che uomo sei se neghi a tua moglie la possibilità di essere una donna?”. Sissi l’imperatrice, è un testo dove alte si fanno le “grida” della sfortunata Sissi, imperatrice suo malgrado, ma donna irripetibile, il cui animo sembra però parte di tutti noi. La composizione del cast è stata studiata per sottolineare la vastità dell’impero asburgico, ed allo stesso tempo per creare un microcosmo che raffigurasse simbolicamente i nostri attuali “imperi”. Il testo e la regia sono di Roberto Cavosi che dirige una compagnia di talenti, i costumi di Paola Marchesin, mentre il disegno delle luci è affidato a Gerardo Buzzanca. Le musiche originali sono composte dal duo Oragravity. Produzione esecutiva di Daniela Piccolo, organizzazione generale di Valentina Taddei. La nuova produzione di Federica Luna Vincenti per Goldenart Production in coproduzione con Teatro Stabile di Bolzano e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia vuole proporre un approccio nuovo e originale al mezzo teatrale: un progetto trasversale, di ampio respiro e fortemente ambizioso, in linea con il gusto delle produzioni internazionali. “Sissi è il simbolo di un mondo condannato. Se fosse questione soltanto della sua vita, della sua personale esistenza, già varrebbe la pena di occuparsene. Ma si tratterebbe semplicemente di un caso. Sissi invece è al tempo stesso un caso e un simbolo. Per questo non la si può trascurare. Come fenomeno umano fu la figura più affascinante di una decadenza, di una rovina” (E.M. Cioran).
Sissi l‘imperatrice | personaggi e interpreti
SISSI Federica Luna Vincenti
IL DOTTORE Marco Manca
LA LIMATRICE Claudia A. Marsicano
LA PETTINATRICE Miana Merisi
L’ATTRICE Maria Giulia Scarcella
NOTE DI REGIA: È il racconto dell’inquieta e tormentata vita dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria, comunemente nota come Sissi. Il testo si snoda in vari quadri, ognuno dei quali prende in esame alcuni aspetti del carattere e del pensiero dell’Imperatrice: dalla filosofia al sesso, dalla politica all’arte. Il ritratto generale che man mano si compone mette in luce una donna tanto anticonformista quanto profondamente frustrata dalla rigidità e spietatezza della Corte Viennese, ma anche la grande poesia e la voglia di libertà di una creatura che si riteneva eternamente “chiusa in gabbia”. Anoressica, in eterno lutto per le morti assurde di due dei suoi figli, sviluppa una sensibilità dolente e rabbiosa al tempo stesso ma tutt’altro che astratta, rivolta infatti anche verso le più delicate questioni sociali: dalle sofferenze delle minoranze etniche, ai soprusi subiti dal proletariato. Antimperialista e disgustata dalle atrocità delle guerre che divampano intorno a lei, Sissi si dedica maniacalmente alla cura del suo corpo, della sua acconciatura, alla scelta delle scarpe, una barriera contro il senso di morte che aleggia intorno a lei. Profeta dell’imminente crollo dell’Impero Asburgico, Sissi ci mostra quel mondo come paradigma del nostro mondo, di un presente in cui le piaghe della sopraffazione, del razzismo e della guerra sono più virulente che mai. Sissi l’Imperatrice è un testo dove alte si fanno le “grida” della sfortunata Sissi, imperatrice suo malgrado ma donna irripetibile, la cui sensibilità ferita parla a tutti noi, alle nostre ferite. Lungo le Passeggiate d’Estate a Merano, sotto ampie e ombrose conifere, c’è una statua dedicata a Elisabetta d’Austria. Una statua in marmo bianco dove Elisabetta siede su una piccola, sobria poltroncina con le mani posate su un libro che tiene sulle ginocchia. Tra quelle mani diafane ogni giorno qualcuno si preoccupa di mettere un piccolo mazzetto di fiori freschi. Questa tradizione esiste da sempre, il che mi fa pensare che venga spontaneamente tramandata di generazione in generazione. Elisabetta d’altronde è molto amata a Merano dove era venuta per curare la tisi e a lei sono dedicati caffè, ristoranti, alberghi e un grande giardino botanico. Io, che sono nato a Merano, fin da piccolo rimanevo ogni volta incantato davanti a quella statua che stranamente mi trasmetteva tristezza, un certo disagio e una sorta di compressa irrequietezza. Un’immagine molto lontana dal ritratto di donna solare che normalmente abbiamo dell’Imperatrice. Ancora oggi quando cerco di dare un volto a quei sentimenti non posso fare a meno d’associarli a lei. Anni fa, poi, mi sono casualmente “imbattuto” in un interessante saggio dal titolo “Le Indomabili” a firma di due psicologhe francesi: Ginette Rainbault e Caroline Eliacheff. Nel saggio venivano esaminate come anoressiche le figure di Antigone, Simone Weil, Caterina da Siena ed Elisabetta d’Austria. Studiando più a fondo l’anoressia, la caratteristica che più mi ha colpito è senz’altro l’indomita forza che scaturisce da chi ne soffre, una forza sprigionata da una ricerca spasmodica di purezza, di libertà. Energia ribelle, rivoluzionaria, sovversiva in quanto paradossalmente alimentata dall’eliminazione sistematica del cibo. Una contraddizione che alle massime conseguenze porta il malato a non avere via di scampo, considerando sporco e letale tutto ciò che ingerisce. Elisabetta viveva oltretutto in una Corte i cui codici erano per lei insopportabili ancor più del cibo. Ecco quindi delinearsi in me una figura sorprendente, fortissima e debolissima al tempo stesso. Un’anima la cui sofferenza diventa ribellione, il dolore sovversione, la melanconia riscatto e l’astinenza coraggio. Prerogative così spicca te in lei che hanno segnato anche i suoi ideali sociali e politici facendone una donna dal pensiero modernissimo, sicuramente avanti coi tempi: dalla sensibilità verso le minoranze etniche, fino al più acre disgusto verso la crudeltà di qualunque guerra e di ogni imperialismo. E nei tempi in cui viviamo, così voraci di tutto questo, non potrei avere “Personaggio” migliore da portare sulla scena. Roberto Cavosi