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Un omaggio alla prima regista donna italiana

Data pubblicazione: 10-05-2024
 

Un proiettore d’epoca puntato verso uno schermo sul fondo. Davanti, una scrivania e due sedie poste l’una di fronte all’altra su cui andranno a sedersi i protagonisti di “Cinemamuto”, il breve atto unico firmato da Roberto Scarpetti per la regia di Gianfranco Pannone e l’interpretazione di Iaia Forte e Andrea Renzi. La scena di Luigi Ferrigno e Sara Palmieri e i costumi di Grazia Colombini ci portano nel gennaio 1925, quando ha inizio la storia. La protagonista è Maria Elvira Giuseppa Coda – più nota come Elvira Notari a partire dal matrimonio col fotografo Nicola Notari con cui fonda la casa di produzione cinematografica Dora Film - attrice, sceneggiatrice, autrice di melodrammi, e anche documentari, dall’impatto fortemente visivo, rivolti prevalentemente agli emigranti meridionali d’oltreoceano, ma soprattutto la prima regista donna in Italia. La storia si svolge a Napoli, dove la nostra eroina si trasferisce dalla nativa Salerno, perché il capoluogo campano è tra le città del cinema con una più cospicua produzione di film e la conseguente presenza di diversi teatri di posa. Siamo nel 1925, come si diceva, ed Elvira si trova a dover cedere alle imposizioni di un rappresentante della censura che, seppure con toni apparentemente bonari, comincia col negarle l’uso del napoletano nelle didascalie per arrivare a imporle variazioni nella sceneggiatura dei suoi film: un femminicidio, se la vittima è una donna fedifraga, è accettabile perché rientra nel delitto d’onore, un fratricidio non lo è perché “gli italiani non si uccidono tra di loro.” Col tempo arriverà a chiederle di far firmare la regia al marito: la commissione di controllo è più morbida con gli uomini. Gli scambi tra i due sono intervallati da frammenti delle opere di Elvira forniti dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, propone, quindi, un testo importante, ben costruito. La regia di Gianfranco Pannone evidenzia efficacemente un’epoca in cui le libertà individuali sono calpestate in nome di un cosiddetto “bene superiore.” Il regista afferma, infatti, nelle sue note “Cinemamuto vuol essere pure una riflessione sulla libertà di espressione. Il fascismo di fatto interruppe la carriera artistica e imprenditoriale di Elvira, colpevole di essere, oltre che persona libera da legacci ideologici, una donna in un mondo di uomini.” Lo spettacolo è stimolante, interessante, anche gradevole se non fosse per il ritmo lento imposto alla recitazione di due attori di qualità che riscuotono per la loro competenza e incisività il meritato plauso di tutto il pubblico presente.

Valeria Rubinacci