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"NATI PRE-GIUDICATI" DI STEFANO CERBONE

Data pubblicazione: 27-04-2024
 

 

Un concentrato di emozioni, riflessioni e commozione quello che si è respirato lo scorso 26 aprile, alle ore 10.00, presso la Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano, in occasione della proiezione - in anteprima assoluta - del film “Nati pre-giudicati” di Stefano Cerbone, alla cui sceneggiatura hanno collaborato i detenuti del reparto di Alta Sicurezza. Una promessa mantenuta dal regista, che ha voluto i reclusi come primi spettatori per offrire loro anche un momento di analisi e di coinvolgimento. All’iniziativa hanno partecipato la direttrice del carcere Giulia Russo, il garante dei detenuti del Comune di Napoli don Tonino Palmese, i parlamentari Gaetano Amato, Francesco Emilio Borrelli e Federico Cafiero de Raho, ha moderato il dibattito, subito dopo la visione del film, il giornalista Claudio Ciotola. Patrocinata dal Comune di Napoli per la sua rilevanza culturale e sociale, l’opera cinematografica - in uscita il 16 maggio nel circuito Uci Cinemas nelle principali città italiane - è dedicata all’emarginazione, alla discriminazione e ai pregiudizi verso i bambini nati in nuclei familiari affiliati alla criminalità organizzata. «Premesso che la pellicola ripudia la camorra ed ogni forma di violenza e di privazione della libertà altrui - spiega Cerbone - e che la sceneggiatura rende omaggio al ruolo delle forze dell’ordine, nel film ho voluto raccontare il sentimento dell'amicizia indissolubile di due ragazze, Janet e Marinella, figlie di due boss della camorra di famiglie rivali, che s’incontrano sui banchi di scuola ma saranno poi costrette a separarsi, quando una faida tra clan coinvolgerà i loro congiunti. L’ignoranza e la paura sono i propellenti di cui si nutre la camorra per attecchire in un territorio. Sono cresciuto nel rione Berlingieri, una delle tante periferie di Napoli, dove i bambini avvertono sin da piccoli un insaziabile bisogno di appartenenza che, unito alla necessità di costruirsi un'identità sociale nel contesto in cui vivono, spesso li fa avvicinare alle uniche figure autoritarie che si presentano ai loro occhi, i camorristi. Ecco perché credo vi sia bisogno di intervenire nel loro percorso educativo con messaggi forti da parte di chi sta pagando dietro le sbarre per gli errori commessi. Ho voluto presentare una condizione di parità tra uomini, tra quelli che scrivono le leggi, quelli che le fanno rispettare e quelli che le infrangono. Essere insieme, giornalisti, istituzioni e detenuti, per vedere il film è un bel momento di democrazia, la speranza di un futuro migliore e di una rinascita seria. Ringrazio tutti i presenti e sono contento di aver dato un mio contributo ad una giusta causa». La proiezione è stata seguita in religioso silenzio e con una notevole partecipazione, il fil rouge è stato il dolore dei figli e la disperazione dei padri in contesti a rischio come le famiglie di malavitosi. Emblematica la battuta della scena finale: “O fai il padre o il camorrista”, nel cast, oltre ad attori professionisti come Gigi Savoia, Gianni Parisi, Marina Suma, Gianluca Di Gennaro, Nello Amato, Carmine Paternoster e Gaetano Amato, anche bambini cresciuti lontani dall'affetto paterno come Janet, figlia di un detenuto del reparto Ionio (Alta Sicurezza) di Secondigliano e un ex boss, la colonna sonora del film “Nun po’ fernì” è cantata da Mr Hyde, Roberto Colella e Mavi. Musiche originali di Enrico Rispoli e Mr Hyde.  Una storia raccontata con sensibilità, intensità e tanta verità. Al termine della proiezione, salutata con un lungo applauso, è iniziato il dibattito. La direttrice del penitenziario, Giulia Russo, ha raccontato lo sforzo educativo giornaliero per rendere il regime carcerario riabilitante: “Siamo orgogliosi perché, per primi, a Secondigliano, abbiamo l’Università “Federico II che entra in carcere, ci sono circa 80 iscritti e già 5 laureati in diverse discipline tra cui Giurisprudenza, Scienze Politiche, Lettere Moderne, inoltre, si organizzano corsi di recitazione, che consentono ai nostri reclusi di allestire delle rappresentazioni. Proprio durante le prove teatrali, abbiamo conosciuto il regista Cerbone, che ha avuto l’idea di coinvolgere i detenuti per la realizzazione di un film, che ha descritto con oggettività e obiettività la realtà di chi vive dietro le sbarre”. “Questo film è una fotografia nitida di quello che succede in carcere e di quello che accade quando si fanno affari con la camorra, con la mafia, con la droga, il successo economico si paga sempre con il carcere e la morte. Nella vita contano gli affetti, l’amore per i figli e per la famiglia. Per 44 anni ho fatto il magistrato, ho visto camorristi morti o incarcerati a vita per delle scelte sbagliate. Ho letto le lettere, che dovevo filtrare, scritte dal boss Francesco Schiavone, Sandokan, detenuto al 41-bis, indirizzate a sua moglie e alle figlie, dove scriveva che, se avesse compreso prima il suo destino, non avrebbe mai fatto quello che, invece, aveva fatto, si era reso conto che, lontano dagli affetti, si muore. Quando fu arrestato nel 1998 in un bunker a Casal di Principe aveva le figlie sulle gambe, che non ha visto più fino a pochi giorni fa quando ha deciso di collaborare con la Giustizia.  Ho visto tante sofferenze, spero che al più presto possiate recuperare la libertà, che è il primo diritto, tutelato dalla nostra Costituzione, guai a rinunciarvi” - ha detto l’ex Procuratore nazionale Antimafia e deputato Federico Cafiero De Raho. L’onorevole Gaetano Amato ha raccontato della sua carriera da attore e da deputato, sottolineando il suo impegno personale nell’ambiente del carcere: “Ho avuto sempre modo di conoscere, attraverso la collaborazione con alcune associazioni di volontariato, la realtà carceraria, mi ha fatto piacere aiutare il regista a realizzare il suo sogno. La vita, purtroppo, è fatta di combinazioni, c’è chi le ha avute e chi no. Nella mia carriera ho interpretato sia il ruolo di detenuto che di poliziotto, conosco entrambe le ottiche, in questa storia rivesto il ruolo di magistrato, adesso mi sto impegnando anche come parlamentare a fare qualcosa di positivo per il mondo delle carceri, la pena dei detenuti è già scontata in cella, la società dovrebbe essere più accogliente”. Il deputato Francesco Emilio Borrelli, continuamente in prima linea per le sue battaglie contro la camorra e l’illegalità, ha sottolineato l’importanza della rieducazione in carcere e nella necessità di cambiare vita: “Chi ha fatto esperienze negative può decidere di cambiare, se lo vuole lui in prima persona e se è convinto nella possibilità di un reinserimento all’interno della società”. Il garante dei detenuti del Comune di Napoli e prete anticamorra ha toccato il tema dell’impegno istituzionale e dei singoli per poter cambiare le cose: “Il Vangelo e la Costituzione oggi si incontrano su questo tema, non bisogna mai gettare la chiave né gettare la spugna, le Istituzioni devono dare nuove opportunità ai detenuti, i detenuti devono credere nella rieducazione” – ha affermato don Tonino Palmese. “Così come siete stati terreno fertile del vostro fallimento, siate terreno fertile per il vostro cambiamento” – ha detto rivolgendosi ai reclusi Gennaro Panzuto, ex detenuto e collaboratore di giustizia, oggi affermato tiktoker e anche attore nel film in questione. Una nota a margine: un fuoriscena ha colpito, per tutta la proiezione del film, i presenti, cioè l’amore, l’affetto, la complicità, le lacrime di un padre, recluso da 12 anni, e di una figlia, coprotagonista della pellicola, che non si è staccata un attimo da lui, messaggio centrato appieno!!!

                                                                                                                                                                                                    Antonio D’Addio