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Via Senzamore 23: una tragedia che fa tanto ridere

Data pubblicazione: 12-02-2024
 
via senzamore

«Il comico e il tragico vengono dallo stesso impasto, sono chiavi attraverso le quali gli spettatori dànno accesso al proprio corpo, per scuoterli con il riso, per farli vibrare nei momenti più intensi» afferma Gianni Solla, giovane, originale autore di “Via Senzamore 23”, in scena al Teatro Sannazaro. E, in queste poche righe, sintetizza lo stato d’animo del pubblico che assiste allo spettacolo. Uno spettacolo che fa ridere di gusto anche se è il racconto di una tragedia. Forse non è neanche un racconto. Di certo non è un monologo da cabaret o una stand-up comedy: è teatro nel senso più alto del termine. Ma andiamo per ordine.
Il protagonista è Gaetano, un impiegato del catasto, che si trova a vivere una vita in qualche modo non sua, bensì quella che il caso ha scelto per lui: non sente suoi né il quartiere né la casa in cui abita perché vive in un appartamento ereditato dai nonni, non è suo il lavoro che svolge senza un vero interesse. Non ha parenti o amici se si eccettua il collega Sabatino, che del catasto sa tutto ma che si rivela un personaggio problematico almeno quanto il protagonista. Lo spettatore viene a conoscenza di queste notizie assistendo a una notte in cui Gaetano “decide di accatastare la propria esistenza in un podcast che registra da solo.”
La scena di Rosita Vallefuoco relega l’azione nel solo angolo sinistro del palcoscenico che per il resto è vuoto e inesplorato a sottolineare la solitudine del protagonista, o meglio la sua incapacità di inserirsi con successo nella società, di vivere una vita di relazione soddisfacente. Il mondo esterno, per Gaetano, si limita alla ex fidanzata con cui non ha più alcun tipo di rapporto, i genitori ormai morti, il collega Sabatino e Marianna Gargiulo, la donna che occupa da sempre il suo cuore e la sua mente pur rivelandosi, in realtà, il fantasma di un amore non corrisposto. Gaetano è interpretato da un talentuoso Giuseppe Gaudino che, solo sulla scena, offre con la stessa disinvolta maestria le note comiche e quelle francamente tragiche della storia. Con una presenza scenica invidiabile e l’appropriata scansione dei tempi di un testo interessante ma non facile da interpretare, conquista meritatamente gli applausi convinti del pubblico. Applausi da condividere in parti uguali con l’autore del testo e con Giuseppe Miale Di Mauro che firma una regia attenta, efficace, sicura nell’imprimere il giusto ritmo a tutta la rappresentazione. Si rivela illuminante l’osservazione che il regista scrive nelle sue note. «Il tono del racconto è leggero, di quella leggerezza che fa sorridere ma che può stendere al tappeto quando si fa malinconica e struggente. Che sia un dramma questa storia, lo si capisce dopo, forse tornando a casa e ripensando a ciò che si è visto.»

Valeria Rubinacci