|

PREMIATA PASTICCERIA BELLAVISTA TRA RISATE E RIFLESSIONI

Data pubblicazione: 04-05-2024
 

Pubblico numeroso, abbonati entusiasti, continui applausi e risate, apprezzamenti finali: l’ultimo spettacolo di questa stagione teatrale 2023/24 del teatro Diana ha colpito nel segno, sarà in scena, infatti, fino a domenica 19 maggio “Premiata pasticceria Bellavista”, un testo scritto da Vincenzo Salemme, che per la prima volta nella sua carriera di commediografo di successo, ha fatto raccontare una storia creata dalla sua penna, dal suo estro e dal suo vissuto ad un gruppo di straordinari artisti con una prestigiosa storia alle spalle, ovvero La Compagnia del Teatro Nest composta da Francesco di Leva, Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, regia di Peppe Miale Di Mauro. La trama è nota, anche grazie al grande successo della versione cinematografica del 2000 con Vincenzo Salemme, Carlo Buccirosso, Emanuela Grimalda, Maurizio Casagrande, Antonella Morea, Cetty Sommella e Nando Paone: Ermanno e Giuditta Bellavista sono i proprietari di una pasticceria annessa alla loro casa. Con loro vive la madre, sofferente di diabete e pressione alta. Ermanno ha una relazione in segreto con Romina, la quale è stanca di dover parlare con lui di nascosto e vuole che si decida a parlarne con la famiglia. Anche Giuditta ha una relazione segreta con Aldo, pasticcere alle dipendenze dei Bellavista, che mira alla sua ricchezza. Intanto si scopre che Ermanno tre mesi prima, ha subito un intervento di trapianto agli occhi, prelevati da Carmine, un senzatetto che dopo un incidente automobilistico entra in coma. Creduto morto, venne deciso di prelevargli gli occhi e trapiantarli ad Ermanno, ma, svegliatosi dal coma, si ritrova cieco. Carmine, accompagnato dai suoi amici Gelsomina e Memoria, riesce a raggiungere la pasticceria di Ermanno, rivelandogli che sono 3 mesi che non possiede più gli occhi, e che il prof. Rubelli, che ha eseguito l’intervento, è implicato nel gioco azzardo e nel traffico illecito di organi. Carmine decide di rimanere nella pasticceria di Ermanno, dicendo che ora egli dovrà guardare la vita per lui. Intanto nascono due problemi: la mamma di Ermanno e Giuditta, convinta che i figli la vogliano far morire per impossessarsi dell’eredità, vuole tagliarli fuori dal testamento. Di conseguenza, Aldo non è più tanto sicuro di sposare Giuditta, sapendo che ella forse non potrà più ereditare. Carmine coglie l’occasione per ideare un piano con il quale potranno essere risolti i problemi di Ermanno, Giuditta e anche i suoi. Una rappresentazione ritmata, serrata, a volte volutamente caotica, a tratti surreale, piena di dialoghi, equivoci, colpi di scena, battute simpatiche, intrighi e gag inaspettate che portano lo spettatore a ridere in prima battuta e a riflettere meditando su quello che si sta vedendo per poi trovarsi davanti ad un finale incredibile.  Molto affiatato l’intero cast che comprende anche Stefano Miglio, Viviana Cangiano, Cristel Checca, Dolores Gianoli, Alessandra Mantice, tutti calati benissimo nelle loro parti e che danno una marcia in più alla rappresentazione. Francesco Di Leva dimostra ancora una volta il suo essere camaleontico, passando con disinvoltura da un personaggio all’altro, spesso in antitesi tra di loro, molto bravo e maturato Adriano Pantaleo – quanta acqua sotto i ponti dai tempi di Io speriamo che me la cavo – nei panni di Carmine, diventato non vedente non di sua volontà, la filosofia di vita del suo personaggio affascina e cattura. Una vera rivelazione è Stefano Miglio nel ruolo di Memoria, padrone di molteplici personalità, protagonista di situazioni comiche irresistibili, che aiutano la commedia a mantenere vivacità e piacevolezza. Bella la trovata di iniziare i due tempi con delle canzoni eseguite a cappella con l’accompagnamento musicale di una chitarra, affidate all’Ermanno di Giuseppe Gaudino, meno felice l’intuizione di fare dei riferimenti ironici, del tutto fuori luogo, alla politica attuale. Condivisibile il messaggio della commedia, la differenza tra guardare e vedere, una storia di cecità, di uomini e donne incapaci di osservare la vita e il mondo che li circonda. Una storia amara ambientata nel regno del dolce: un laboratorio di pasticceria. E proprio una torta alla fine risolverà tutti i loro problemi e addolcirà quelle vite insipide, liberandole dal fardello di chi le aveva messe al mondo e condizionava ogni loro scelta. Applausi a scena aperta nei slauti finali scanditi con il cantato da Riccardo  Del Turco  dal titolo Figlio unico  del 1966. “Erano gli inizi degli anni ‘90 e ricordo che si discuteva molto della legge sulla donazione degli organi e uscirono nelle pagine di cronaca diversi episodi che suscitavano molta paura. Episodi che raccontavano di persone date per morte e poi miracolosamente risvegliatesi. “Ve lo immaginate se vi espiantassero gli organi credendovi morti mentre invece non lo siete affatto?”. Fu così che nacque l’idea di Premiata Pasticceria Bellavista…. Con affetto e stima per chi decide di venire a teatro a “guardare” le mie storie.  E sono felice che, per la prima volta nella mia carriera di autore, non sarò io a raccontare una mia storia ma un gruppo di giovani artisti con una storia già prestigiosa alle spalle e con un futuro pieno di passione ancora da scrivere” – si legge nelle note dell’autore Vincenzo Salemme. 

                                                                                                                                                                                                  Antonio D'Addio